diario da Città del Messico. di nuovo in sella alla Bestia [parte uno]

Leggo le pagine onlain di Repubblica e mi accorgo che a causa di più impellenti imperativi categorici i marinaretti delle Forze Alleate della N.A.T.O. avrebbero potuto salvare un po’ di sfigati migranti a largo delle coste di Lampedusa ma hanno preferito astenersi e lasciarne crepare a mucchi (poi buttati ammare dalle bestie clandestine). La notizia mi genera gastrite. Non è sorpresa la mia, è soltanto quel rancido sentimento di schifo che provo ogni volta che accumulo notizie del genere.

E mi viene voglia di raccontare una storia, che poi capiremo che in fondo è collegata con questa notizia di mare e d’estate.

Nel Messico la situazione è molto più gradevole. Qui i migranti centroamericani (perché si da il caso che il Messico sia un paese del NordAmerica, come in molte occasioni ci ho tenuto a precisare), soprattutto provenienti da Honduras, Salvador, Guatemala e pure un po’ Nicaragua, entrano nel bellissimo e verde Messico per attraversarlo di corsa e arrivare alla frontiera con gli Stati Uniti, scavallare e vivere felici. Un po’ come pensano di fare i migranti che si ammucchiano in Libia, Algeria, Tunisia, Marocco, e cercano di scavallare il pezzetto di Mediterraneo, arrivare in Italia (porta d’Europa) e vivere felici. Come vedete già si inizia a capire che sono proprio dei disperati.

Ok, dunque entrano in Messico da indocumentados, che noi italiani diciamo clandestini, e si ammucchiano su un treno merci, la Bestia. Va detto che la Bestia è una cosa grossa, rumorosa, scomoda e vecchia. Funziona così. Tu ti metti ad aspettarla in un bucodiculo di paesino del sudest messicano (dove gli italiani che ci vanno in vacanza amano dire “ho FATTO il Chiapas, poi ho FATTO lo Yucatan, poi ho FATTO un pezzo di Guatemala e poi ho finito a Tulum”, che per carità, non ho nulla contro le vacanze, piuttosto contro l’uso del verbo fare al posto di dire “sono stato” o “ho visitato” o “sono passato superficialmente per la zona di”). Dopo che hai aspettato a tempo indefinito, sempre da clandestino, se non ti hanno già derubato, allora ti derubano. Però altro che farlo con educazione questi amabili messicani tirano fuori un machete o una pistolotta e portano via al migrante (che per definizione è un poveraccio) tutto quello che ha, scarpe, orologi, spicci, verginità anale (se si tratta di giovani uomini o giovani donne di aspetto medio). Ecco qua che a un certo punto arriva il treno, dicevamo la Bestia.

Fischia che ti rifischia arriva sto catorcio degli anni di Villa e Zapata, che trasporta ferraglia, granaglie, cemento e altre amenità di cui nulla sappiamo e di cui nulla ci interessa. Il migrante ci sale sopra e cerca di trovare una comoda posizione per le decine e decine di ore che dovrà passarci. Oh, si badi bene che il treno non è che ha degli orari definiti, fa delle fermate, o cose così. Il treno non glie ne frega un cazzo che ci sta della gente sdraiata sopra. Lui prende e parte, e tu cerchi di non cascare, perché benché viaggi a una media di 20kmh, se caschi di sotto da quei cinque sei metri, capace che finisci tra i binari e rimani mutilato, come a volte accade, oppure ti frantumi sulle migliaia di roccette che si trovano ai lati dei binari. Insomma, devi fare un po’ di attenzione, perché non è esattamente come andare a farti una settimana a Formentera.

Dunque una volta salito lì sopra, accomodato, sistemato, ecco che devi aspettare qualche minuto o qualche ora sotto il sole che parta il treno. Perché come dicevamo il treno fa come gli pare, non è che arrivi te e lui parte. Devi aspettà. E nel sud del Messico, se qualcuno si è FATTO il sud del Messico, sa che ci fa molto caldo e umido e il sole ti brucia.

Allora tutti pronti per partire, fatta la pipì prima di salire sulla Bestia, preso qualcosa da bere e da mangiare al doppio o al triplo del suo prezzo normale, perché siccome sei migrante clandestino e non hai potere contrattuale ti attacchi al cazzo e se vuoi mangiare paghi quello che ti dico io, ecco che la Bestia si mette in moto e parte per il suo lungo e lento viaggio verso torture, sequestri, mutilazioni, violenze sessuali, ammazzamenti e poi dopo tutto questo verso il sogno americano.

[つづく…] (che se vi ricordate alla fine dei cartoni giapponesi voleva dire “continua”. se non ve lo ricordate ora lo sapete.

p.s. sì, il pezzo finisce a cazzo di cane, perché mi va così. se vi è venuta curiosità proseguiamo tra qualche giorno.