diario da Città del Messico. Vivete veramente in un paese di merda

Dall’esilio autoimposto nel Messico mi godo le giornate di sole, le giacarande in fiore e la vista dei vulcani dalla mia finestra. Seguo con disgusto le vicende elettorali del mio paese natale. La pseudo sinistra italiana becca l’ennesima sveglia alle regionali in regioni come il Lazio e il Piemonte, dove forse avrebbe potuto battere i neofascisti, i leghisti, i berluscones. Ma poi penso che no. Non aveva alcuna speranza. Pure troppo bene è andata.

Scrivo su feisbuc la mia opinione. Vivete in un paese veramente di merda. E vengo sommerso da commenti stizziti. Mi si dice che sono un irresponsabile cinico e che “è facile sparare sentenze da fuori”. Come se qui a me mi regalassero da mangiare. Come se partire da un paese di merda, che però è comunque il tuo, e ricominciare una vita fosse una situazione di lusso. Mi si dice che non sono rimasto a lottare. A lottare? Perché in Italia si lotta? E da quando? Quelli che nel 2001 hanno fatto spallucce di fronte alla sistematica distruzione di vere e originali alternative teoriche, avallando di fatto le violenze di stato, e il dilagare del berlusconismo adesso si radunano nelle piazze con bandiere e sciarpe viola, manco fossero ultrà della Fiorentina. Ora l’Italia è piena di eroi che lottano per la democrazia.

E chi se ne va è un vigliacco. E non ha più diritto di dire quello che pensa. Quello che ha sempre detto. Non ne ha diritto anche perché “ao, ma che cazzo voi? Manco vivessi in Svezia!” Come se il disgusto che provoca la vita politica e sociale dell’Italia potesse essere sviscerato soltanto vivendo in quello che viene considerato il paradiso delle democrazie. Anche il Messico è un paese di merda. Oggettivamente. Un paese di merda in cui sono vietati i crocifissi nelle scuole, in cui i gay si possono sposare, in cui se vuoi scrivere su un giornale perché ne hai le capacità lo fai e ti pagano, e bene. Un paese di merda che è pieno di merda, di narco, di corruzione, di violenza e omicidi, ma che non si pone con spocchia rispetto agli altri, non ha la velleità di insegnare nulla a nessuno. I messicani sanno dove vivono, e uniscono un ridicolo patriottismo a un realistico senso comune.

In questo blog non ho voglia di snocciolare le nefandezze che ogni giorno ci fanno vergognare di essere italiani, perché quelle si sanno, si scrivono, si urlano. E qui non c’è spazio per questo. In questo post voglio solo esprimere disprezzo e vergogna. E rivendicare il mio diritto e quello di tutti gli emigrati a farsi beffe del proprio paese. Di far rosicare chi è rimasto. Io ho scelto di vivere e di partecipare all’idea libertaria e solidale da qui. In Italia sarei stato un mendicante, un poveraccio, un fallito, e quale sarebbe stato il mio contributo al Mio Paese? E poi mi sono chiesto: ma cosa devo io al Mio Paese? Ma i miei ideali non sono forse sempre stati internazionalisti? E dunque il mio contributo lo do qui. Senza troppi rimorsi, senza paure, e senza vergogna.

L’Italia si merita esattamente ciò che ha. Ciò che abbiamo costruito o non abbiamo avuto i coglioni di demolire. Gli italiani si sono imborghesiti, si sono lasciati imborghesire dall’esterno. Mentalmente. E ora pagano il prezzo. Paghiamo. Ognuno a suo modo. Io, nel mio piccolo pago la distanza dalla mia famiglia, dai miei affetti, dai luoghi che amo, la distanza da quello che avrei voluto fare. E lo pago ogni giorno.

In cambio faccio quello che so fare per rimanere coerente coi miei valori, con le mie idee.

Vivete veramente in un paese di merda. È un fatto.

Rileggo queste righe prima di pubblicarle. Piene di amarezza e retorica. Le lascio così. C’è una luna piena che illumina il monstruo. Aria fresca della sera e la nenia del venditore di tamales. Non ho più un toro di cartapesta da tormentare, ma ora ho un gatto. Esso (anzi essa) è vivo. Reagisce ai miei dispetti e si incazza. La chiudo nell’armadio per sentire il suo languido miagolio. Eccellente. Stiamo migliorando.

diario da Città del Messico. Novità

Certo che stronzo, c’hai piazzato sti du video e da du mesi non scrivi più niente. Ma che scrittore sei? Eh infatti. Che scrittore sono? Uno che certe volte non ha più niente da raccontare. Anche se di cose ne sono successe parecchie in questo paese e nella mia casa.

Vittorio non c’è più. Dopo aver combattuto con una lunga malattia si è spento nella sua casa a Città del Messico. E mi sono trovato all’improvviso solo. Liberato da un peso. Aver sfanculato quel maledetto toro all’inizio era stata una benedizione. Poi ha preso tutto una piega sinistra. Viveva con me dal primo giorno in cui sono arrivato in questo girone dantesco. Dormiva sempre al mio fianco nella sua stupidità senza fine.

Probabilmente non aveva nemmeno dei sentimenti ma in ogni caso la sua espressione ebete e giuliva non era in grado di trasmetterli. Un inutile ammasso di cartapesta senza dignità. Così mi piace ricordarlo.

Ora vivo altrove. In una casa grande e bella. Dove Vittorio non c’è. E non ci sarà.

È cambiato anche che Silvia spicca il volo, toglie le tende. Pure lei kaputt. Torna in Italia, dice, ad affrontare le sue sfide. Brava tesoro. Ora io da chi vado a cena a scrocco? Tutti a pensare a se stessi e a me mi tocca affrontare da solo questo posto. Dove peraltro non si smette mai di divertirsi.

Ora in Italia e un po’ in tutto il mondo ci si ricorda che esiste il narco perché hanno fatto fuori tre gringos a Ciudad Juárez. Tre funzionari del consolato. Ah. stocazzo. allora se ammazzano tre gringos si vede che questi narcos sono proprio dei cattivelli. Allora persino Repubblica cede due delle sue pagine, normalmente dedicate ai risotti o alle sabò e nuove tendenze dell’estate, per assoldare nientepopodimenoche Vittorio Zucconi, quel simpaticone arrognatello che tra le sue mille qualità è esperto di Messico e narcotraffico, dal suo studio incastonato nella casa bianca, che ci spiega come sono cattivelli questi narcos.

Perché invece non servono a un cazzo i più di cinquanta cadaveri decapitati al giorno. Non serve a un cazzo un paese la cui classe politica è completamente in mano alle famiglie del narco. Non serve a un cazzo la violenza delle città del nord, quotidiana, devastante. No, perché nessuno se lo incula il Messico. Però se fai fuori tre gringos allora cazzo ti meriti attenzione.

Ragazzi, ma non c’è bisogno di essere uno psicologo per capire un po’ questo povero messico. È chiaro che sta facendo di tutto per farsi notare! È come quei ragazzini che per farsi notare dalla maestra menano tutti i compagni, per farsi notare da mamma e papà cagano sul tappeto in salotto, per farsi notare dalle ragazze le trattano male. Questo paese è un po’ così. Cerca di farsi notare da tutti voi. E voi non ve lo inculate. Lo fate solo quando fa cose tipo fare fuori tre gringos. Ma siete ingiusti! diobono in Messico sono state fatte fuori quasi ventimila persone. Che cazzo deve fare un paese per farsi notare??

Questo vortice di riflessioni scapestrate mi ha fatto venire fame. Scendo a comprarmi un panino. Perché nella mia nuova casa c’è tutto vicino.

Ora al muro ho appeso una Vergine di Guadalupe, detta Lupita, che mi osserva col suo sguardo benevolo. Dice che è potentissima. Vedremo. A me me basta che se faccia li cazzi sua e non sia ottusa come Vittorio. Pace all’anima sua.

diario da Città del Messico. L’isola dei presidenti

Lo so, è parecchio che non aggiorno il blog, ma ci sono grossi cambiamenti e cose da raccontare che meritano più tempo. Nel frattempo il compare Simone mi passa questo video che mi fa pisciare addosso. buona visione.