diario da Città del Messico

schutzstaffel
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Apro gli occhi sul soffitto bianco rugoso. Notte brava ieri sera: karaoke!

Amo il karaoke. La gente si scatena su una pista tirando fuori il peggio di sé e cantando il peggio della musica mondiale, ovunque ci si trovi. Io sto in Messico, quindi si cantano i capolavori di Luís Miguel, Elvis Crespo, e altri autori di cui è vietato fare il nome su questo blog per la violenta censura che lo governa.

Prima di questo: un concerto su avenida Insurgentes in un locale che si chiama New York. Io e Cachorro a vedere i Plastilina Mosh. Un gruppo di Monterrey, che è la città più ricca del paese, la Milano messicana, comprensiva di stronzaggine milanese. Non ho capito se mi piacciono i Plastilina Mosh. Sicuramente sono un po’ delle scimmie che rifanno troppo il verso a troppa gente, tipo i CafeTacvba. Poi sono di Monterrey. L’ultimo contatto che ho avuto con gente di Monterrey è stato qualche settimana fa.

Sul piccolo velivolo di Aeroméxico che mi avrebbe portato dal DF a Managua mi siedo accanto a un omone con la faccia di cartapesta. Sembra il comandante Adamo di Battlestar Galactica (e se non sapete cos’è Battlestar Galactica, fuori dal mio blog!).

Comincia a attaccare bottone su temi insignificanti. È alto. Indossa vestiti molto costosi, gemelli ai polsini, orologio d’oro. Sarà sulla sessantina e legge il Washington Post.

Sto andando a Managua a parlare col ministro dei trasporti per concordare con lui la possibilità di costruire delle strade in tutto il paese, mi dice.

L’omone è un industriale. Che viaggia in centroamerica contrattato dai governi, per contribuire allo sviluppo di quei paesi. Lui mi parla dei suoi figli, che ha educato con rigore e rettitudine, coi sani valori tradizionali. Mi chiede dell’Honduras. Io rispondo che in democrazia certe cose non si dovrebbero proprio fare, tipo dei colpi di stato militari.

Il regiomontano (che sarebbe come si dice uno che è di Monterrey) mi fissa. Dietro di lui c’è l’oblo con la tendina aperta e un fascio di luce mi acceca. Tu sei molto giovane, mi dice, non sapendo quanto mi stanno sul cazzo quelli che per argomentare le cazzate immonde che stanno per sparare premettono una supposta superiorità dovuta a ragioni anagrafiche. Sei molto giovane e non capisci che non tutti sono pronti per la democrazia.

Ecco. Adesso sorprendimi. E lui lo fa.

Vedi, prosegue il saggio vegliardo miliardario, Adolf Hitler (!!!) diceva una cosa interessante. Magari a te non piace Hitler (ma che ne sai. io lo amo quel figliodiputtana. è il mio mito!) e nemmeno a me, però ha detto delle cose interessanti (probabilmente la maggior parte nel privato della sua cameretta). Diceva che le persone non sono tutte uguali (un modo per dirlo, in effetti), e i migliori sono una minoranza. E la democrazia è il governo della maggioranza, cioè dei peggiori. E quindi la democrazia è una grande ingiustizia perché i migliori, pochi, sono governati dai peggiori, molti.

Lo guardo ammirato senza riuscire a proferire parola. Lui prosegue il suo delirio vaticinando della disciplina nel football americano comparata con l’anarchia nel calcio, ma io ormai ho perso il filo e mi immagino di marciare per le strade di Managua vestito da ufficiale della Schutzstaffel spiegando che purtroppo loro non erano pronti per la democrazia, anzi, il loro prendersela costantemente in culo era un segno della giustizia di dio.

La versione messicana del comandante Adamo mi augura buon viaggio, mi da il suo biglietto da visita e mi offre anche un passaggio sulla sua auto ministeriale. Io declino con garbo e mi tuffo nel caldo orrido di Managua e dei suoi taxi collettivi (perché a Managua se sali su un taxi non è tutto per te. Se il tassinaro riesce a caricarlo di gente diventa tipo un microbus).

Il concerto dei Plastilina Mosh ci rompe il cazzo dopo mezz’ora. Sono autoindulgenti e non hanno nulla di nuovo. Per questo la nostra meta diventa il karaoke, dove scaricare la nostra frustrazione (ognuno c’ha la sua) e dare sfogo ai nostri istinti più bassi. Sempre meglio così che esportando il nazismo in centroamerica.