Esercito rumeno si sbaglia: Haiti, non Tahiti!

io scrivo fantascienza….

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diario da Città del Messico. benvenuto!

Accompagnato da sogni di disastri e morti ammonticchiati faccio ritorno pimpante nella Città. Il DF comparato con Haiti pare la Svizzera. e questo già è straniante.

La città respira. Accoglie le notizie disastrose della vicina Haiti come un’anziana signora. E prosegue lenta e mastodontica la sua vita. È martedì sera e devo vedere un’amica a Coyoacan. Sono le dieci. Acchiappo un taxi al volo. Il tassinaro si lamenta della ruota anteriore. Io lo ignoro. State sempre a lamentarvi di qualcosa, possibile che ce n’è sempre una?

Su avenida Coyoacan la macchina rallenta, senti guardo un attimo sta gomma. Si ferma. Non faccio in tempo a bestemmiare per la mia idiozia e loro sono dentro. Uno davanti e uno dietro. Quello dietro mi rovina addosso coi suoi cento chili abbondanti strizzati nella giacca di pelle. Odore di gel e dopobarba. Eccomi qua in compagnia di due rateros. Me mancava una bella rapina.

Chiudi gli occhi e metti le mani in vista e stai zitto testa di cazzo se no ti piantiamo un balazo in mezzo alla fronte. Esagerato. Avevo intuito che era una rapina. so sempre stato uno sveglio.

Chiudere gli occhi. Mettere le mani in vista. stare zitto e cercare di non farli incazzare. Facilitare il loro lavoro. questi i compiti della serata. Vediamo se ce la faccio.

Il ciccione a fianco a me piazza una gamba sulla mia e mi mette un braccio intorno alle spalle. Siamo affettuosi. In un primo scambio di effusioni mi dice di tirare fuori tutti i soldi. Allora, amico, come te lo spiego che sto più scannato di te? Che tutti quelli che me dovevano pagà fanno i vaghi? Vabbè. Caccio sti 200 pesos (euri 10). Silenzio. Tutto qua? Oh, che devo fa? questi ho. Come? Eh, così. T’ha detto male amico mio. Ok tira fuori il telefono. Quasi mi vergogno. L’ho comprato a Managua per 10 dollari, mi piacerebbe l’aifon, ma purtroppo è andata così. lo voi? E questo che cazzo è? è il telefono mio. porta rispetto, me ce so fatto un colpo di stato e un terremoto. Il ciccio lo passa a quello davanti, che si mette a ridere.

Preso per il culo dai rapinatori a Città del Messico. E dovrei essere l’europeo impaccato di soldi che va a conquistare il nuovo mondo?

Regà, sto colle pezze ar culo. Mi spiace proprio, avrei voluto venirvi incontro. Eh scusa, ci siamo sbagliati. Ti abbiamo visto con la faccia da straniero, pensavamo fossi gonfio. Eh, lo so. So straniero ma anche senza una lira.

Ok, adesso tira fuori il portafogli. Ah, mo sì! Il ciccio lo passa a quello davanti. Che ride. È vuoto, cazzo! Oh, ma che cazzo parlo al vento?

Il ciccio cerca di rassicurarmi. Se non fai cazzate ne esci bene da questa cosa. Devi stare calmo. Fai quello che ti dico io e stai zitto. Dovete imparare a obbedire voi. Ma voi chi? Ma di chi cazzo parli? di quelli che prendono il taxi? degli italiani? dei romanisti? dei trentenni?

Lo penso ma imparo a obbedire, e taccio.

Va bene allora facciamo così. Intanto ripigliati stammerda di portafogli. Grazie. E la sim. Come la sim? che fai me ridai la sim? Capace che ce stanno più soldi dentro di quanti ne fai te co sto citofono se te lo vendi a Tepito. Però taccio.

Dove stavi andando? Alla metro Coyoacan. Ah e devi vedere una ragazza? Ma che cazzo te frega? che sei il mio analista? No, un’amica. Senti, adesso se fai il bravo ti lasciamo da qualche parte. Non lontano da lì. Va bene? Ma no, me piaceva sto giro al buio in compagnia di simpaticoni come voi. Rimango.

Sono passati 15 minuti a fare giri nelle stradine di chissà dove. La macchina rallenta alle indicazioni del ciccione amico mio. Si ferma. Allora ora scendi, cammini normale. Non gridi. Non corri. Non parli con nessuno e te ne vai, se no ti veniamo dietro e ti spariamo, hai capito stronzo? Ho capito. Sicuro? Sicuro.

Sto per scendere. Ma prima l’omino davanti mi passa una cosa. Mi mette tra le mani un biglietto. Questi sono 50 pesos, dice il ciccio. Così ci torni a casa. Siamo rateros però caballeros.

Mi ha ridato i soldi. Il ladro mi ha appena zincato 200 pesos e me ne ridà 50 perché gli faccio pena. Perché non vuole che si abbia un’idea sbagliata dei ladri in Messico. Perché in fondo è un lavoro come un altro, con la sua dignità e le sue regole. Io sono basito. Mi viene da ridere, ma mi ricordo che sono minacciato di morte e quindi non è il caso di lasciarsi andare.

Scendo. Cammino. Non grido. Il suv dei ladri che ci ha seguito per tutto il tempo carica i due compari e sparisce nella notte, insieme al figlio di puttana del tassinaro.

Io vago fino a trovare la strada conosciuta. Fino al mio appuntamento. La mia amica è in ritardo e l’aspetto fumando alla fermata della metro.

Poi non venitemi a dire che questo paese non è surreale, che vi pianto una pallottola tra gli occhi.