diario da Città del Messico. Figli della lupa

Ok sì, ho latitato per mesi, e questo non è nemmeno un rientro in grande stile. Ma sono successe tante cose che ora non è proprio il momento adatto a recriminare.
Mi rimetto a cavallo di Radical Shock perché ho l’urgenza di fare una riflessione su una questione che mi tocca da vicino.
È che a un certo punto uno si ritrova ad essere padre e vede le cose in modo diverso. Non parlo delle frociate tipo ah che meraviglia, ora la vita ha acquisito senso che prima non aveva, ora tutto cambierà per sempre (una delle frasi più odiose e prive di significato che si possa dire a qualcuno che sta per avere o ha appena avuto un figlio. Specifico: anche un incidente che ti trancia le gambe ti cambia la vita per sempre, anche vincere 100milioni di euri al superenalotto, anche perdere tutto quello che hai in un combattimento di galli, anche essere eletto presidente della Fiat, certo ora tutti diranno eh va be ma che c’entra, è un’altra cosa. E invece non è un’altra cosa per niente, se uno prende la paternità o la maternità come una delle tante cose che ti succedono nella vita, non più straordinaria, di per sé, della caduta dei capelli o di una relazione amorosa), che sono vuote frasi che non riesco a credere ripiene di vero significato. No, parlo di qualcosa che ti aiuta a vedere il mondo in un altro modo come le brutte esperienze, come quando ti rapinano per la prima volta, come quando ti accorgi che il tuo rappresentante politico di zona è corrotto come un politico messicano.
Quando diventi padre (o madre) scopri improvvisamente che tutti, e parlo veramente di tutti, sanno tutto su come essere dei genitori perfetti e hanno il buon cuore di erudirti sull’argomento. Non c’è una persona che non solo non senta l’impulso, ma che non si senta in dovere di dirti cosa è giusto fare per tuo figlio, per il suo benessere, la sua salute, la sua felicità.
Ogni persona che incontri, vicina o lontana, ha dei consigli quasi obbligatori da darti, partendo dal presupposto che tu sei un testa di cazzo, che siccome non hai nessuna esperienza sei un pivello, che i suoi consigli sono di vitale importanza per il tuo erede.
Non c’è verso di evitare questo meccanismo a quanto pare. Devi subire suggerimenti, consigli, piccoli o grandi ricatti, intrusioni, sensi di colpa, veri e propri insulti, nenie, tiritere, pipponi, rimproveri, umiliazioni al pubblico ludibrio da parte di chiunque, che abbia un figlio o no.
Tutti sono bravissimi. Tutti se hanno sbagliato, grazie ai loro errori hanno esperienza, arti divinatorie, invisibilità e volare, e a te, siccome sei fortunato, è preclusa la possibilità di farti le ossa, eventualmente di sbagliare a tua volta, di imparare dai tuoi errori. Eh ma così i tuoi errori li paga tuo figlio, ti dicono, sì, come tutti i genitori, esatto, i miei errori li pagherà mio figlio, e sarà così finché mio figlio, stufo di pagare le colpe del padre lo uccide e si scopa sua madre, oppure a sua volta farà errori che pagherà suo figlio e via dicendo.
Il presente post è fatto per riflettere su un argomento scabroso, il rapporto con una creatura che hai fatto te, di cui sei responsabile, che rappresenta il banco di prova della tua capacità di mettere in pratica al meglio ciò che hai imparato nella vita. E forse è il tema più delicato da trattare con qualcun altro, soprattutto quando l’aiuto altrui non lo stai proprio chiedendo. Si tratta di uno di quei rari casi in cui tutti sono pronti a darti appoggio, sostegno e consigli senza che tu li abbia minimamente interpellati. Contrariamente a quando tu hai bisogno di tutti e ti trovi intorno solo grosse balle di fieno che rotolano nella desolazione della tua vita, quando ti nasce un figlio sei circondato di gente berciante che ti impara a vivere e a occuparti della prole.
Ma uno cosa deve fare per allevare suo figlio secondo le sue regole? Nessuno trova nulla di perverso nell’imporre alla propria discendenza aberrazioni e imposizioni come il battesimo, però è fuori dal mondo pensare di calmare un bambino facendogli ascoltare il rock.
Penso allora a situazioni difficili nella storia dell’uomo, in cui pargoli sono stati tolti all’umano coinvolgimento e sono stati affidati ad animali. Due casi su tutti: Mowgli del Libro della giungla e Romolo e Remo, allevati dalla lupa.
Allora queste bestiole che crescevano, sfamavano e educavano creature figlie dell’uomo non avevano nessuno che gli rompesse il cazzo con raccomandazioni e rimproveri. Forse sono venuti fuori figli un po’ così, ragazzi un po’ difficili, ma tutto sommato manco troppo male.

La morale di questa breve parabola è che forse uno può imparare piano piano a fare il genitore, può sbagliare, può trovare le risposte e le domande giuste, senza sostenere il peso molesto di intrusioni e ramanzine. Forse per ricevere l’aiuto di chi ti vuole bene si può accettare un abbraccio e rifiutare una lezione di genitoraggio.  In altre parole: persone che mi volete bene, vi prego, con tutto l’amore che ho per voi: non mi scassate il cazzo!