Una gita a Michoacán. Tra comunitarios e Caballeros Templarios

IMG_0615Nella Tierra Caliente di Michoacán fa piuttosto caldo. Quasi sempre. Probabilmente da questo fatto deriva il nome della zona che sta tra Tepalcatepec e Apatzingan. Sulla strada ci sono gli autoservicios. Autoservizi. Sono come il lavaggio automatico delle macchine. Dei piccoli capannoni in cui tu passi con la macchina. Solo che non ci sono le spazzole. Dentro non c’è il lavaggio atuo. Né tanto meno ricambi o meccanici. Negli autoservicios di Michoacán ci sono degli enormi frigoriferi ripieni di ettolitri di birra e super alcolici. E delle fanciulle giunoniche con le unghie finte e lo sguardo ammiccante ti preparano bibitoni di michelada, una bevanda a base di limone, birra, sale, ghiaccio, chile, salse piccanti varie. Te la preparano in bicchieroni da un litro di plastica trasparente. Ci mettono un coperchio col buchino per mettere la cannucia. Con molta tranquillità dispongono su tutto il tappo delle fettine di cetriolo e di jícama cosparse di limone, sale, chile in polvere. Te lo passano dal finestrino. Tu paghi, esci e bevi. E guidi. E bevi. Fino all’autoservicio successivo. Ce ne sono a decine.

Nella stessa regione di Tierra Caliente c’è una guerra in corso tra caballeros templarios, un gruppo del crimine organizzato della zona, e le recenti polizie comunitarie, gruppi di cittadini che si sono rotti il cazzo di pagare il pizzo su tutto, di essere derubati, di vedersi violentare le figlie di 13 anni, di vedere gli amici ammazzati e decapitati in mezzo alla strada. Quindi si sono presi le armi e hanno detto basta. E ora vanno in giro e ripuliscono la loro terra.

Ah, va detto che da queste parti si produce parecchia marijuana e papavero da oppio. Tanto che per gentilezza qui ti può capitare che ti offrano un sacchetto d’erba come a Roma la nonna di un amico ti regala una sporta di fave colte in campagna.

Passare per di qua non è il massimo della serenità. Anche se c’è un paese che si chiama Nueva Italia, fondato da italiani finiti qui chissà come. Si sente l’aria pesante. Si sente che è meglio togliersi dai coglioni.

I bambini per strada giocano con delle miniature di AK-47. Invece di giocare a cowboy e indiani loro giocano a templarios e esercito. E tutti vogliono fare i templarios.

Poi a un certo punto cambiano le cose.

Un uomo nella comunità di Coalcomán era stato vessato per anni dai templarios. Gli avevano fatto di tutto, chiesto (e ottenuto) il pizzo sulle sue attività di venditore di vacche, derubato, violentato la moglie. Un giorno arrivano tre templarios a casa sua. Lui è abituato a subire la violenza di questa gente, che esercita il suo potere su gran parte dello stato di Michoacán. I tre uomini armati sanno che non reagirà. Lui chiede se hanno mangiato. Rispondono di no. Lui li invita ad accomodarsi, e offre loro un piatto di minestra. Loro accettano di buon grado, abituati a essere serviti e temuti. Gli dicono che sono venuti per la sua camioneta, cioè il suo pick up. Lui prende la cosa di buon grado. Dice che va a prendere le chiavi. Va nell’altra stanza. Esce con un fucile a pompa, le cartucce ficcate negli spazi tra le dita. Inizia a sparare, in casa, senza avviso. Uccide due dei tre mafiosi ricaricando rapidamente. Il terzo, ferito, riesce a scappare. L’uomo lo raggiunge. Ha finito le munizioni. Il templario è a terra. Lui prende una grossa pietra e gli fracassa il cranio.

Questo però non è un racconto. È come sono iniziate le piccole ribellioni che hanno portato alla rivolta. Una rivolta armata in un luogo in cui lo Stato è parte del nemico dei cittadini.

Lo stesso uomo amava coltivare piantine di marijuana nel suo giardino. Sua madre, che vive con lui, compró alcune galline. Una delle galline aveva preso a scavare intorno alle piante di marijuana, rovinandole tutte. Un giorno l’uomo torna a casa e ammazza la gallina.

La madre arriva, lo vede e gli grida: “Ma nooo!! cosa fai?? Mi ammazzi la gallina?!”
Lui risponde: “Mamma, la mafia non perdona”.